“Se sembra impossibile, allora si può fare” e se a dirlo è Bebe Vio, allora non possiamo che fidarci. Mi sbaglio? A tutti capitano fasi di down psicologico. Non ci sentiamo abbastanza capaci, abbastanza caparbi, abbastanza motivati. Magari ci perdiamo tra i nostri mille impegni e perdiamo il focus sulla cosa più importante della nostra vita: il nostro benessere. L’intento di questa rubrica è proprio questo: raccontarvi delle storie che possano esservi utili, che possano funzionare come esempi positivi nei momenti in cui pensate che i vostri obiettivi siano davvero troppo ambiziosi per essere raggiunti. Ed è proprio per questo motivo che ho scelto la storia di Bebe Vio per inaugurare la rubrica “#motivAZIONE: storie di donne straordinarie”. Una bambina che pensava di aver perso tutto, ha scelto di non autocommiserarsi e di tirare fuori fino all’ultimo briciolo di forza e voglia di vivere per rendere la sua vita un viaggio straordinario.
La storia di Bebe Vio
Immaginate di avere cinque anni e di aver cominciato da poco a prendere lezioni di scherma e che quelle lezioni, pian piano si trasformano in una passione sempre più grande. È quello che è successo a Bebe Vio, classe ’97 di Mogliano Veneto, in provincia di Treviso. La scherma diventa sempre più parte integrante della sua vita fino a che, nel novembre del 2008, a soli 11 anni viene ricoverata a causa di una brutta meningite. Quando arriva all’ospedale di Padova è già in gravi condizioni e lotta tra la vita e la morte. I medici, nel disperato tentativo di salvarla, non possono fare altro che amputarle gli arti inferiori dal ginocchio in giù e gli avambracci. Resterà in ospedale più di 100 giorni e la malattia le lascerà tracce profonde su tutto il corpo.
Il ritorno alla scherma
Dopo un primo periodo in cui smette totalmente con la scherma, dedicandosi alla fisioterapia e all’equitazione, Bebe Vio decide di tornare in pedana. Lo fa grazie all’aiuto di un’associazione – fondata dai suoi genitori – che si occupa di offrire a bambini che usano protesi di arti, un supporto per integrarsi nel tessuto sociale tramite l’attività sportiva. Grazie a questa, la sua vita cambia. Comincia ad allenarsi tra Padova, Bologna e Roma, diventando la prima atleta di tutto il continente europeo con il braccio armato protesizzato. Sogna le Olimpiadi paralimpiche, ma per Londra 2012 è ancora troppo presto.
Quell’anno (e nel 2013), comunque, la ragazza arriva prima ai campionati italiani di categoria B. Durante il torneo di Montreal e quello di Lonato, sale per due volte sul podio in Coppa del Mondo. Arriva seconda ai campionati mondiali under 17 in Polonia e, nel 2014, vince gli Europei sia nell’individuale che in squadra, bissando il trionfo l’anno dopo ai Mondiali in Ungheria.
Rio 2016
Finalmente, nel 2016 riesce a disputare la competizione che aveva tanto sognato fino a quel momento e vola a Rio de Janeiro per le Olimpiadi. Ma a Bebe questo non basta: dopo aver vinto tutti gli incontri del suo girone, realizza il sogno di una vita. Sale sul gradino più alto del podio, davanti alla favorita cinese Jingjing Zhou.
Cosa ci insegna, allora, la storia di Bebe Vio?
Anzitutto che, come lei stessa scrive nel suo libro, che a volte gli incidenti di percorso, quelli più gravi, con lo spirito giusto possono trasformarsi in possibilità. E, soprattutto, che passione e ambizione riescono a portarti da un piccolo paesino di provincia fino all’altro lato del mondo sul gradino più alto del podio della più importante competizione internazionale. Non sei d’accordo?